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TESTIMONI

 


S.ta Caterina
da Siena

29 aprile


Vergine e Dottore della Chiesa, Caterina prende l’abito delle suore della Penitenza di San Domenico, si sforza di conoscere Dio in se stessa e se stessa in Dio e di rendersi conforme a Cristo crocifisso.E' vera donna politica, lotta con forza e senza sosta
per la pace, per il ritorno del Pontefice
a Roma e per il ripristino dell’unità della Chiesa,
lasciando celebri scritti della sua straordinaria dottrina umana e spirituale.
Nata il 25 marzo 1347, a Siena,
muore a Roma il 29 aprile 1380.

«Niuno Stato si può conservare nella legge civile in stato di grazia senza la santa giustizia»: queste alcune parole che hanno reso questa santa, Patrona d'Italia. Caterina non va a scuola, non ha maestri.
I suoi fanno discorsi di matrimonio,quando
è sui 12 anni.E lei dice di no.
E la spunta. Del resto chiede solo una stanzetta che sarà la sua "cella" di terziaria domenicana (l'abito bianco e il mantello nero).La stanzetta si fa"cenacolo" di artisti e di dotti,di religiosi, tutti più istruiti di lei.Li chiameranno "Caterinati". Lei impara a leggere e a scrivere, ma la maggior parte dei suoi messaggi è dettata. Con essi parla a papi e re,a donne di casa,
a regine,e pure ai detenuti.
E'ad Avignone, ambasciatrice dei fiorentini, per una "non riuscita" missione di pace
da papa Gregorio XI, ma Gli dà la spinta per il suo
ritorno a Roma, nel 1377.
Si reca a Roma, chiamata da papa Urbano VI, dopo la ribellione di una parte dei cardinali, l'inizio dello scisma di Occidente.
Qui si ammala e muore,a soli 33 anni.
Canonizzata nel 1461 da Pio II, il
papa senese; nel 1939, Pio XII, Patrona d'Italia con Francesco d'Assisi. Patrona d’Europa da Giovanni Paolo II, 1/10/99

Lo si dice, oggi, come una scoperta:
"Se è in crisi la giustizia, è in crisi lo Stato". Ma lo diceva nel Trecento
una giovana donna: "Niuno Stato si può conservare nella legge civile, in stato di grazia, senza la santa giustizia".
Questa è Caterina da Siena.
Ultima dei 25 figli,
con una gemella morta subito, del rispettato tintore Jacopo Benincasa e della moglie Lapa Piacenti,
figlia di un poeta.Accasarla bene e presto, il pensiero dei suoi, secondo l’uso dei tempi. Caterina si oppone decisamente.
Impara faticosamente a leggere, e a scrivere.
Con i suoi scritti lei parla anche
ai "prigionieri di Siena",cioè ai detenuti,
che,da lei, "non sentono mai" una parola
di biasimo per il male com
messo.

No,Caterina è quella della gioia
e della fiducia: accosta le loro sofferenze
a quelle di Gesù Innocente
e li vuole come Lui: "Vedete come è dolcemente armato Questo Cavaliero!". Nel vitalissimo e drammatico Trecento, tra guerra e peste, l’Italia e Siena possono contare su Caterina,come ci contano i colpiti da tutte le sventure, e i condannati a morte:
esempio, quel perugino, Nicolò di Tuldo, selvaggiamente disperato,che lei trasforma prima del supplizio:
"Egli giunse come uno agnello mansueto, e vedendomi, cominciò a ridere;e volse ch’io gli facessi il segno della croce". Parla chiaro ai vertici della Chiesa.
A Pietro, cardinale di Ostia, scrive:
"Vi dissi che desideravo vedervi uomo virile e non timoroso ...e fate vedere al Santo Padre più la perdizione dell’anime
che quella delle città;perocché Dio chiede l’anime più che le città".

C’è pure chi cerca di ammazzarla,
a Firenze,mentre è con un gruppo di amici.
E lei precipitosamente si presenta:
"Caterina sono io! Uccidi me,e lascia
in pace loro! ".
Porge il collo, e quello va via sconfitto.Ricapitoliamo: canonizzata 1461;
1939, Patrona d’Italia con Francesco d’Assisi;
1970,da Paolo VI riceve
il titolo di "dottore della Chiesa".

 

 

 


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