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Federico Cerrone

Guglielmo, alunno di Dio

Erano perfettamente opposti: uno lungo e magro, l'altro piccolo, tondo e grassottello; uno esclusivamente dedito ad attività socio-caritative, l'altro fortemente impegnato e preoccupato per la formazione, specialmente dei giovani.
I due erano il padre Luigi Miraglio, fratello di padre Fedele e il padre Guglielmo Alfero.

Ho detto che erano opposti; ciononostante non c'erano echi di litigi, anzi furono compagni complementari per lunghi anni nella stazione di Mosteiros, nell'isola di Fogo, l'uno a badare ai corpi, l'altro ad alimentare gli spiriti.
Padre Guglielmo era il barilotto pieno di salute, di battute umoristiche e di zelo per l'evangelizzazione.
Una volta cadde da un asinello e a chi lo soccorreva chiedendo: - come sta, padre? S'è fatto male? Rispose: - Ah, prima stavo meglio!
Se a tavola c'era il formaggio, ne assaporava una fettuccia citando il detto di chi non so chi: "al contadino non far sapere quant'è buono il cacio con le pere" (anche se le pere c'erano solo in ricordo).

Raccontano anche che, ancor giovane in Italia, un giorno si trovasse in treno e che una frenata brusca lo gettasse in braccio ad una donna che gli sedeva di fronte, al che il giovane Alfero avrebbe esclamato citando un poeta: "il navigar m'è dolce in questo mare!".




Guglielmo e Federico a San Lorenzo




Bimbi in festa

Invece attraversando una piazza pare che una ragazza si fosse permessa di ironizzare sul suo pancione, al che egli si voltò prontamente apostrofandola in piemontese: "sumia dal cul plà".
Il giovane Guglielmo Alfero non passò per il seminario; era una vocazione adulta. Era tipografo diplomato, tanto provetto che le aveva lasciato in una macchina le ultime tre dita della mano destra.

Religiosamente faceva parte della gioventù impegnata che a Torino visse al tempo di Piergiorgio Frassati.
Comunque sia, un bel giorno il tipografo Alfero lasciò la morosa e salì il Monte dei Cappuccini a chiedere di vestire il santo abito.
Terminata la formazione, il frate Guglielmo fu inviato in Etiopia, ove rimase più anni lavorando tra i Cunama, fino al 1943, quando fu rimpatriato per la conquista inglese.
"Malato d'Africa", chiese ed ottenne di lavorare in Capo Verde; giunse poco dopo il 1950 e, dopo una breve permanenza a Brava, fu inviato a Mosteiros, e là rimase fino al 1978, quando rientrò definitivamente in Italia per malattia.

Per capire le avventure e le fatiche missionarie di padre Guglielmo è indispensabile conoscere la geografia dell'isola di Fogo, dalla parte in cui si trova Mosteiros.
Innanzitutto il nome: "mosteiros" equivale al nostro "monastero"; ma da quelle parti non c'è ombra storica di monastero; forse fu chiamato così per l'isolamento a cui, per mancanza di strade, era condannato, all'interno dell'isola e col mondo esterno.
Il municipio di Mosteiros è formato geograficamente da due aree nitidamente separate: a livello del mare corre una striscia di terra pianeggiante su cui sono situati vari villaggi; questa striscia dal lato terra è delimitata da una parete rocciosa alta tra i cento e i duecento metri, dopo la quale inizia un'area fortemente inclinata sulle pendici del vulcano.
E' la zona più fresca e più fertile:la coltivazione inizia dalla parete rocciosa e sale su fino ai mille e più metri e naturalmente nella parte più bassa ci sono case sparse e villaggi, belli da vedersi ma difficili da raggiungere.
Il lavoro principale di padre Gugliemo era la formazione dei catechisti e dei giovani in generale.
Nella zona pianeggiante lungo il mare non c'erano molti problemi: il padre aveva una motoretta con cui si dislocava, ma quando si trattava di salire nella zona alta, lasciava la motoretta ai piedi delle rocce e poi pian piano faceva la scalata per dei sentieri che mozzano il fiato.
Collezionò varie avventure con la motoretta; ad ogni modo, forse per il fisico tondeggiante, sapeva rotolare bene come un paracadutista e non ebbe mai accidenti grossi, tranne una volta che si fratturò un piede e dovette recarsi all'ospedale di Praia.

Qui, dopo le prime cure il medico curante sparì, tanto che il padre Guglielmo impaziente di poter tornare al suo lavoro, era tremendamente scocciato.
Quando finalmente il dottore ricomparve, padre Guglielmo l'accolse insinuando: "eh, dottore, se fossi stato una bella ragazza non avrebbe certo lasciato passare tanto tempo senza venirmi a vedere!"
Promotore di una fede impegnata e coerente, specialmente tra i giovani, cio venti e più anni che visse a Mosteiros, si può dire che formò una generazione di cristiani.
Ebbe pure delle delusioni – tanto più facili tra i giovani – e padre Guglielmo se ne addolorava come se si trattasse di figli e qualche volta non risparmiava i rabbuffi o qualche semi-parolaccia.
Ancora un ricordo relativo all'ultimo periodo della sua vita, quando eravamo compagni di comunità e a notte immancabilmente mi appariva sulla soglia della stanza con la lampada a pile in mano per augurarmi gentilmente: "Buona notte!".

Ma il ricordo che volevo riferire è il seguente:
In quegli anni padre Guglielmo era stato consigliato ad abbandonare la motoretta, il che equivaleva all'inerzia. Così il mattino dopo colazione, mentre io accudivo ai miei programmi, lui ritornava in cappella con un grosso libro di commento alla Bibbia, si sedeva su di un banco, il librone su di uno sgabello; si dedicava così a una lettura impegnativa.
Non è detto che abbia fatto anche qualche pisolino su quel librone, il che però non toglie nulla al bell'esempio di chi ha insegnato tutta una vita, ma è convinto che anche lui è ancora alunno.

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