NEL MONDO



Profeti del significato
perchè abitati dalla speranza

di Fra Giacomo Bini

«Il cristiano è il nemico dell’assurdo, è il profeta
del significato. Non per volontà disperata, ma nel riconoscimento che questo significato è stato testimoniato dai fatti proclamati dalle Scritture»
(Paul Ricoeur).È capitale e urgente ridare un senso,
un significato espressivo e “ultimo” alla nostra
consacrazione fondata sul Vangelo,sulla testimonianza di Francesco e di tanti fratelli e sorelle che hanno incarnato questo messaggio-eredità lungo i secoli.
Evocare e rivisitare la nostra storia per scoprire:
A) I miracoli compiuti dallo Spirito con la nostra povertà-disponibilità; B) La fiducia nelle possibilità inespresse che potrebbero dare alla nostra vocazione
il coraggio di rendere di nuovo attuale il passato
con forme e modalità diverse. Essere “profeti del significato”esige la capacità di ritrovare il senso vero dei nostri gesti concreti di ogni giorno (personali e comunitari), al di là della ripetizione meccanica
e regolare, per riviverli, riattualizzandoli in una dinamica di ricerca e di incontro con il Signore
e con gli altri. La conversione dovrà avvenire nello “ordinario” della nostra vita. La speranza che già viviamo, non è un calcolo probabilistico, né una rassegnazione fatalistica, ma una intuizione e tensione interiore verso una realtà affascinante di cui già possediamo la caparra (cfr.Romani 8,23). Questo riaccende in noi un rapporto di fiducia con Dio,
con noi stessi e con gli altri.Da qui scaturisce uno slancio vitale e un desiderio di pienezza che unisce e anima la nostra esistenza. La speranza è un lungo cammino di liberazione e di espropriazione: superando la paura del nuovo e disancorandoci dal “sempre fatto così”, essa ci aiuta a guardare le situazioni in profondità per cogliere, anche dietro i fallimenti
più clamorosi, i segni del possibile rinnovamento,
quello che “c’è ancora da fare oggi” con l’aiuto dello Spirito e senza rimpianti.(Fr.Giacomo Bini). La spiritualità diventi testimonianza di una comunione concreta,che esige da tutti noi la capacità di stabilire rapporti significativi e veri, non possessivi o interessati, con ogni creatura, la capacità di dialogo come condizione di vita per un futuro umano ed evangelico. È proprio un’utopia metterci tutti a disposizione del Regno, nell’obbedienza reciproca,
senza arrivismi, privilegi o poteri da difendere,
ma attratti unicamente da Colui che ci ha chiamati
e inviati?
Il giorno in cui ognuno di noi, con gli occhi fissi al Signore che viene, aderendo al Vangelo
e alla Regola, riuscirà a dire: «Signore: eccomi!
Fa’di me quello che vuoi»,
almeno per qualche anno,
la Fraternità e l’Ordine intero assumeranno un altro volto.Viviamo in un mondo che cambia con una rapidità incredibile: non possiamo permetterci di essere “distratti”, lasciarci distrarre, lasciarci portare
qua e là, senza essere concentrati sull’essenziale,
su una vita interiore custodita e continuamente rinnovata.Dobbiamo entrare in una dinamica
di identità francescana,solida e stabile interiormente,
per essere capaci di adattarci ai cambiamenti rapidi
in mezzo ai quali viviamo; di integrarli nella nostra identità, continuamente verso il significato “ultimo”;
ciò comporta il rinnovamento delle strutture esterne per renderle dinamiche e significative. Si tratta di una identità “in via”; del resto il cristiano è, per definizione, un viator, vive una dinamica di conversione continua, proiettato verso la tappa finale del Regno; vive tra il “già” e il “non ancora”.Parlare di fede e di vocazione significa parlare di esperienze dinamiche,
non statiche. San Francesco vive l’esperienza dell’essere «forestiero e pellegrino» come fondamentale per la sua e la nostra vita spirituale.
Riflessioni1
1) Da una parte pensiamo e concepiamo l’Ordine come Fraternità internazionale, dall’altra programmiamo esclusivamente e quasi gelosamente solo entro i
ristretti limiti della Provincia;
eppure il nostro
carisma, sin dall’inizio, ha avuto dimensioni di universalità, più che di fedeltà territoriale.
Come risolvere questa contraddizione?
2) Formare i laici che ci sono vicini(OFS.)per renderli più responsabili e partecipi del nostro carisma.
Aprire loro le nostre Case...,le nostre verifiche, non potrebbe forse aiutarci a rivedere le ns.strutture?
3) Non accade spesso che interessi troppo personali, mancanze di libertà, distruggano la fiducia reciproca, impediscano relazioni vere e fraterne all’interno e tra le entità, nell’Ordine e con il mondo che ci circonda?
Riflessioni2
1) Come facilitare il cambio di mentalità?
2) Come ri-proporre e ri-attualizzare
con sincerità la formula di professione?
3) Come suscitare nei Fratelli la fiducia
in Dio, in se stessi, negli altri?
4) Quale struttura - interna o esterna - può
aiutare a “pro-vocare” questa conversione?
5) E se ricominciassimo con i
"lebbrosi", cioé condividendo la "vita degli ultimi" e ci
spargessimo per il mondo in piccole Fraternità?


Archimede: "la leva con cui possiamo sollevare il mondo
è la nostra interiore e personale trasformazione" (M. Buber).


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